PREFAZIONE DI Luciano Benini Sforza


PER NARRARE, CAPIRE E FERMARE IL NOSTRO TEMPO

Si può raccontare ed esplorare il nostro presente complesso e globalizzato per brevi immagini, per micro-narrazioni, per frammenti visivi? La qualità, lo spessore e la profondità di queste immagini affermano che è possibile; in effetti Carlo Ferrara qui compone con i suoi frammenti visivi, con le sue brevi micro-storie un grande mosaico sull’uomo contemporaneo, sui nostri tempi “liquidi” (Bauman), dominati da tante criticità e insicurezze, da tanta precarietà in ogni settore e campo della vita umana. Una foto allora può insieme narrare, approfondire ed esorcizzare l’effimero, il negativo, fermarlo per la convinzione che in questo modo il tempo possa essere non solo capito, indagato, esplorato, ma anche fermato, fissato. Sottratto quindi al suo destino storico di esaurimento veloce, di consumo pianificato, di inesorabile usa-e-getta. In fondo c’è un’idea tradizionale (anche classica) e struggente dietro questi frammenti narrativi: fermare con l’arte l’attimo che fugge (“carpe diem”), il tempo che passa, che anzi oggi si brucia nelle mode e nei cambiamenti incessanti. Un gesto secondo noi non solo estetico o fotografico, ma anche “sacro”, fondamentale, vitale. Ferrara fissa e cattura quell’attimo che corre, perché in questo modo quell’istante viene salvato e viene consegnato alla memoria dei posteri. Viene sottratto alla sua distruzione certa, al suo utilizzo che lo sfibrerà, lo renderà inutile e vuoto. Consumandolo, vendendolo, usandolo, gettandolo come una merce precaria, come una lattina a scadenza. Come un modello di cellulare, progettato per essere presto superato e reso obsoleto da un altro modello.

Fantasioso, ricco di invenzioni, trovate, situazioni e narrazioni sintetiche e al limite dell’assurdo, ma anche capace di attraversare comico e drammatico, spirito ironico e contenuti di grande spessore con una stupenda e leggera serietà: questo per noi è in primo luogo Carlo. Ferrara poi ha un approccio narrativo, acuto e satirico quanto basta per progettare, elaborare e lanciare i suoi messaggi custoditi dentro le bottiglie dei suoi scatti, che non passano inosservati, che non sono semplici espedienti finalizzati al puro riso. Questo autore, infatti, esprime, inventa in modo ottimo, pungente, lucidissimo e catturante i suoi squarci sull'uomo "liquido" (Bauman) e mercificato contemporaneo, utilizzando uno stile inconfondibile. Uno stile grottesco, che diverte e fa pensare, che è un suo elemento stilistico forte, quasi una firma; uno stile che, con le dovute peculiarità e differenze, si ricollega in campi e modi diversi a quell’umorismo novecentesco e attuale che è la caratteristica di voci non a caso narrative, critiche, tragicomiche. Stiamo portando il nostro pensiero e la nostra riflessione a Pirandello, a Svevo, allo stesso grande Raffaello Baldini, tanto apprezzato dalla critica moderna più accreditata e significativa a livello nazionale. Ferrara è in modo analogo e a modo suo un esploratore tragicomico delle nostre condizioni, delle nostre contraddizioni, delle nostre inquietudini; sa inoltre raccontarle con la sua strepitosa leggerezza, con il suo sguardo consapevole e capace ancora di sorridere, di far riflettere e divertire nello stesso istante.

Che è un tempo, anzi un mondo usa-e-getta oramai lo sappiamo tutti. Frenetico, in perenne fluire, appunto “liquido” (Bauman), in cui tutto si consuma, muta e finisce. Merci, oggetti, cose, esperienze, esistenze; ma anche lavori, sentimenti, rapporti umani. Luoghi e tempi effimeri per individui schiacciati sull’effimero, sul presente che fugge, anzi divampa come un enorme incendio, visibile o meno. Certamente, si tratta spesso di un incendio senza valori morali, civili e collettivi, senza città o popoli o gente da salvare, almeno agli occhi di molti. Le micro-narrazioni visive di Carlo in primo luogo illuminano il vuoto quasi totale di questo incendio immenso, con i suoi spazi in rovina, i suoi edifici abbandonati, le sue città quasi sparite e demolite. Ma dov’è la via di fuga, se esiste una via di salvezza? Intanto questa via di fuga comincia col cercare, col mettere in luce le criticità, le contraddizioni. I vuoti spaziali e soprattutto morali e civili dell’uomo contemporaneo, privo di certezze, punti di riferimento, di un’identità fissa, radicata, di un ruolo stabile e certo. Un autore valido, intenso, forse il vero e profondo autore, oggi più che mai, salva o cerca di salvare il mondo, le sue sfaccettature, i suoi percorsi autentici e li ferma nella bellezza, li estrae dalla negativa, perversa logica del consumo, economica e fine a se stessa. Così facendo, almeno ottiene qualcosa che dura nel tempo, immagini fissate ed estrose testimonianze che rivelano e insieme bloccano quella logica alienante con un’anti-logica tutta artistica e personale, fantasiosa e in apparenza irreale: quella dell’arte, del racconto sintetico e visivo, anche della sola spazialità svuotata e satirica, in forma di efficaci e notevoli foto. Carlo, come un eroe-antieroe sognatore e umile, lucido e profondo, lieve e di grande spessore, consegna queste immagini e brevi narrazioni visive a un tempo davvero nuovo, rigenerato e alternativo. Un tempo che verrà, futuro e utopico certo, ma già fissato, già fermo e sottratto al passare distruttivo e frenetico delle cose e dei giorni.

Luciano Benini Sforza

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